La cerca e la cavatura del tartufo è patrimonio dell’umanità Unesco
La “Cerca e cavatura del tartufo in Italia” dal 16 dicembre 2021 è patrimonio dell’Umanità riconosciuto dall’Unesco. A decretarne l’ingresso nella ”Lista“ è stata, a Parigi, la 16^ sessione del Comitato intergovernativo della Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale valorizzando una pratica tradizionale dei tartufai nei diversi territori vocati della Penisola, perlopiù aree interne e rurali. Salgono a 15 gli elementi italiani che fanno parte del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Il tartufo è presente in tante regioni italiane e può aiutare a valorizzare aree rurali interne o svantaggiate. Quella del tartufo è la prima candidatura nazionale del patrimonio immateriale che rappresenta il tema della biodiversità culturale. Una tradizione tramandata attraverso storie, aneddoti, pratiche e proverbi che raccontano di un sapere che riunisce vita rurale, tutela del territorio e alta cucina. Questa tradizione poi enfatizza il rapporto tra uomo ed animale, il cane, riunendo competenze del tartufaio e quelle del cane con la sua capacità olfattiva, di cui l’uomo è abile addestratore e con il quale crea un rapporto simbiotico. Il patrimonio culturale non è solo monumenti e collezioni di oggetti ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura. Questo patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra.
Ecco gli elementi italiani iscritti nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale
2008 Opera dei Pupi siciliani; 2008 Canto a tenore sardo; 2012 Saper fare liutario di Cremona; 2013 Dieta mediterranea, elemento “transnazionale” (comprendente oltre all’Italia anche Cipro, Croazia, Grecia, Marocco, Spagna e Portogallo); 2013 Feste delle Grandi Macchine a Spalla (La Festa dei Gigli di Nola, la Varia di Palmi, la Faradda dei Candelieri di Sassari, il trasporto della Macchina di Santa Rosa a Viterbo); 2014 Vite ad alberello di Pantelleria; 2016 Falconeria elemento transnazionale (comprendente oltre all’Italia anche Emirati Arabi, Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Ungheria, Kazakhistan, Repubblica di Corea, Mongolia, Marocco, Pakistan, Portogallo, Qatar Arabia saudita, Spagna, Repubblica Araba Siriana). Nel 2021 si sono aggiunti Croazia, Irlanda, Kirghizistan, Paesi Bassi, Polonia e Slovacchia; L’Arte del “pizzaiuolo” napoletano; 2018 L’Arte dei muretti a secco, elemento transnazionale (comprendente, oltre all’Italia, Croazia, Cipro, Francia, Slovenia, Spagna e Svizzera); 2019 Perdonanza Celestiniana; 2019 Alpinismo, elemento transnazionale (comprendente Italia, Francia e Svizzera); 2019 Transumanza, elemento transnazionale (comprendente Italia, Austria e Grecia); 2020 L’arte delle perle di vetro ,elemento transnazionale (comprendente anche la Francia); 2020 L’arte musicale dei suonatori di corno da caccia, elemento transnazionale (comprendente anche Belgio, Francia, Lussemburgo); 2021 “Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali”
Un po’ della nostra storia
Mangiare con il tartufo è sempre un grande piacere per la gola e per l’olfatto, ma chi si avvicina a questa prelibatezza deve sempre pensare che dietro ad un tartufo c’è sempre la storia di un uomo, “il tartufaio”, e del suo abile e fedele cane. Ma c’è anche la storia di un luogo, di un albero, la poesia di un’alba, la musica della natura, nel nostro caso il Polesine e il Delta del Po. La cerca del tartufo nella terra tra i due fiumi, Adige e Po, non è un fenomeno recente ma una storia plurisecolare. In quest’area, crescono tutte le specie di tartufo commestibile, in particolare i tartufai del luogo si dedicano prevalentemente alla cerca di: Tartufo Bianco (Tuber magnatum Pico); Tartufo Bianchetto o Marzuolo (Tuber albidum Pico); Tartufo Estivo o Scorzone (Tuber aestivum Vittad.); ma anche: Tartufo Nero Invernale (Tuber brumale Vittad.) e Tartufo Uncinato o Scorzone Invernale (Tuber uncinatum).
Già nel XIX secolo abbiamo notizie di esperti cercatori di tartufo nel Delta del Po, infatti possiamo dire che la storia inizia con Sante Vicentini (1874 – 1958), residente nell’Isola di Ariano, ottimo pescatore ed abile cercatore di tartufi, Sante ha trasmesso l’arte al figlio Gennaro, che era anche un grande nella preparazione dei cani da tartufo. Nella casa di Papozze della nipote Sandra fa bella mostra una foto di Gennaro con un tartufo bianco pregiato di kg 1,650 raccolto del 1968. Un altro grande e famoso nella cerca del tartufo è stato il papozzano Paolo Maestri (1911 – 1991) che ha avuto due grandi maestri nel padre Antonio e nello zio Egidio. Anche Maestri ha un record personale, un bianco pregiato di 930 grammi. Paolo ha fatto appassionare alla cerca del tartufo l’allora parroco di Papozze mons. Ugo Battizocco. Il suo luogo preferito per la cerca era l’isola del Mezzano, sempre a Papozze, in quei tempi, insieme alle golene del Po, dava sempre grandi soddisfazioni ai tartufai che mai tornavano a casa a mani vuote. Altri tartufai famosi erano i fratelli Tarquinio e Ferruccio Barion, anche loro grandi frequentatori dell’isola del Mezzano e delle golene. A Papozze la tradizione ora continua con tanti esperti cercatori, tra cui Alfredo Vicentini, Giuliano Cappello, Renzo Crepaldi, Dino Enri Giani.