Papozze, 14 novembre 1951: Mons. Ugo Battizocco racconta l’alluvione

Mons. Ugo Battizocco (1914 – 2009) era parroco di Papozze dal 1949 e il testo che segue è una intervista pubblicata da “Il Gazzettino” nel 1991.

Il centro abitato di Papozze, che allora era tutto in golena tra l’argine maestro ed un arginello che lo separava dal fiume, fu il primo ad essere sommerso poche ore prima della tremenda rotta del fiume. “Da alcuni giorni – racconta mons. Ugo Battizocco, canonico penitenziere della cattedrale di Adria ed allora parroco di Papozze – si lavorava per riempire sacchi di terra con i quali rialzare l’estremo argine a ridosso dell’isola di Mezzano per evitare il tracimare delle acque. Il fiume aumentava a vista d’occhio, gli uomini avevano ormai costruito una barriera altra oltre un metro”.

Il lavoro non bastava mai, l’acqua aumentava inesorabilmente e i sacchi forniti dal magazzino idraulico di Villanova Marchesana cominciavano a scarseggiare.

“Per questo – continua mons. Battizocco – mi presi l’incarico nel pomeriggio del 14 novembre di andare a Rovigo, al Genio Civile, per chiedere la consegna questo materiale che rappresentava l’unica, anche se precaria, possibilità di salvezza. Erano da poco passate le 17, mi dissero che era praticamente impossibile consegnare altri sacchi, ma intanto giungeva la notizia che a Papozze l’acqua aveva avuto il sopravvento e che piazza Cantone era in balia del fiume”. Poco prima delle 17, infatti, il Po aveva vinto la tenace resistenza degli uomini tracimando lungo via Arginello Po, all’altezza dell’attuale rampa di località Braglia. In poco tempo il grande catino abitato fu sommerso, formando un unico grande corpo con il fiume che si assestò minaccioso sull’argine maestro.

“Con la morte nel cuore – continua mons. Battizocco – tornai immediatamente.  La chiesa parrocchiale sorge nel piano campagna a poche centinaia di metri dall’argine. Giunto in canonica, la trovai occupata da decine di persone disperate, alle quali i miei collaboratori stavano prestando i primi soccorsi. Ormai era buio, praticamente tutti gli abitanti di Papozze erano sugli argini. In piazza Cantone si stava completando l’operazione di soccorso da parte di alcuni volonterosi barcaioli, verso quelle persone rimaste isolate perché sino all’ultimo legate alle loro case”.

L’acqua continuava ad aumentare, ormai lambiva la sommità arginale.

“Ad un certo momento ci rendemmo conto che qualcosa doveva essere successo perché il corso del Po aveva cambiato direzione, andando verso monte. Ben presto arrivò la conferma che l’argine aveva ceduto a Paviole. Anche per i papozzani che avevano le casa nel piano campagna non c’era più speranza”.

L’acqua della rotta è giunta a Papozze nella notte tra il 16 e 17 novembre mentre contemporaneamente piazza Cantone si prosciugava e il municipio diventava il centro operativo dei soccorsi.

“Gli aiuti sono giunti sin dal 15 novembre – ricorda ancora mons. Battizocco – grazie all’opera instancabile dell’allora arcivescovo di Ravenna, mons. Giacomo Lercaro, futuro arcivescovo di Bologna, il quale volle rendersi conto di persona dell’immane disastro, e, giunto a Papozze, grazie al traghetto per Seravalle, ci portò aiuti materiali e tutta la solidarietà della Chiesa. Vennero anche in aiuto i giovani della Marina di stanza a Pistoia, i vigili urbani di Genova, i pescatori di Goro con le loro barche e quelli di Corbola.

Completata l’evacuazione, in paese rimasero circa 1500 persone che furono assistite sino   del 1952. Gli aiuti internazionali in questo periodo distribuirono letti, materassi, cucine economiche, credenze, tavoli e sedie per un valore di 21 milioni di lire. Ma tutto quello che si fece fu di poco giovamento per rendere meno dolorosa la terribile prova.

(Dimer Manzolli, Il Gazzettino – Supplemento Speciale 21 dicembre 1991)

Da allora tutto è cambiato, negli anni sessanta l’abitato di Papozze è stato interamente trasferito nella zona attuale a cura dello Stato per motivi di sicurezza idraulica e così secoli di storia vennero cancellati per sempre, anche se continuano a vivere nei ricordi dei più anziani.

 

Una curiosità:

Mons. Battizocco, quando viveva a Papozze, prima di diventare Penitenziare nella Cattedrale di Adria, era diventato un esperto in tartufi e spesso accompagnava Paolo Maestri, uno dei più famosi tartufai del paese rivierasco, nella cerca del tartufo bianco che in quei tempi era molto presente nell’isola del Mezzano.